ERICA
Sono nata a Torino, nel giugno del 1971. La mia creatività comprende, immaginazione, curiosità, ricerca costante e introspezione. Ogni mia opera nasce dal desiderio di esplorare territori in cui emozioni, idee e materiali si intrecciano in un dialogo senza sosta. Le mie creazioni su tela si distinguono per l'aggiunta di carta arrotolata a mano in rilievo, un elemento che prende vita al centro di composizioni cromatiche in cui ogni colore si fonde armoniosamente nel successivo, e le tonalità stratificate, equilibrate e intenzionali, generano dinamiche che oscillano tra ordine e geometrie inaspettate. Allo stesso tempo, la mia passione per le performance fotografiche e filmate rappresenta un'altra dimensione del mio percorso artistico. Attraverso queste esplorazioni visive, indago mie identità mutevoli, in continua evoluzione. Indosso parrucche e creo look audaci, sperimentando continuamente nuove situazioni con scenografie realizzate da me, accessori, abiti e cosmetici. Ogni immagine diventa un ritratto complesso, non solo di chi sono, ma anche di chi potrei o vorrei essere: un infinito repertorio di possibilità che ho già iniziato a sviluppare e che intendo continuare a esplorare con dedizione e perseveranza. In queste performance, la dimensione privata e quella pubblica si fondono, rivelando versioni di me stessa che oscillano tra il reale, l'immaginato e il riflessivo. Ogni atto creativo mi conduce a un risultato finale che, tuttavia, non rappresenta mai una destinazione ma una tappa intermedia, un'apertura verso nuovi percorsi di esplorazione.
Nei miei ritratti frontali, cerco un equilibrio tra spontaneità e dimensione creativa. Non perseguo un controllo ossessivo su luci e ombre, perché credo che una precisione tecnica eccessivamente rigida annienti l'essenza reale di un'immagine. Accolgo divertita l'emergere naturale di eventuali imperfezioni fotografiche, sia nella composizione che nella messa a fuoco. Ciò che è tipicamente considerato difetto in fotografia, spesso ne arricchisce il realismo accidentale, contribuendo a una rappresentazione più autentica, che si allinea perfettamente con la mia ricerca. Mi concentro più sulla cattura dell'essenza di un momento, piuttosto che sforzarmi di raggiungere una perfezione visiva quasi meccanica. Attraverso le mie immagini, il mio obiettivo è rivelarmi senza compromessi.
Intraprendo un viaggio personale attraverso l'intimità dell'apparenza esteriore, evidenziando lo stato naturale di vulnerabilità estetica. Catturo momenti in cui i miei lineamenti portano ancora tracce di sonno, quando i miei capelli sono arruffati o i miei occhi sono socchiusi mentre mi adeguo gradualmente alla luce del mattino. Anche gli oggetti intorno a me, in questo contesto, assumono un significato simbolico: una tazza di tè o caffè appena fatto, lenzuola spiegazzate o il disordine di una stanza non ancora toccata dal ritmo del giorno. Ogni oggetto diventa parte di un linguaggio silenzioso, contestualizzando un'esperienza che appartiene tanto al mio corpo quanto alla mia mente, in un dialogo intimo con il quotidiano. L'obiettivo non è creare selfie tradizionali destinati a essere mostrati e convalidati da uno sguardo esterno, ma piuttosto una serie di autoritratti che narrano la storia del mio sé fisico durante un momento di transizione tra la naturalezza privata e il sé preparato per l'occhio pubblico. Questi autoritratti rivelano una dimensione più profonda e contemplativa, catturando la mia essenza senza filtri, un'essenza che non cerca di impressionare, ma semplicemente di esistere. Dopotutto, la fotografia è anche un modo per entrare in dialogo con se stessi, per osservare il proprio volto come uno specchio che riflette non solo l'aspetto esteriore, ma anche l'umore, la stanchezza o il peso del risveglio. Forse, in questi fugaci momenti del primo mattino, riesco a catturare un frammento di verità fisica che tende a sfuggirmi per tutto il resto della giornata.
Eccomi: sdoppiata. Un dialogo silenzioso tra me e l'altra me. Due personalità distinte che si confidano con ironia e complici giocano. L'immagine sospende il tempo e invita lo spettatore a intuire il momento successivo, a tentare di ascoltare un dialogo che non può essere udito. Come un sipario dispettoso che non si apre mai del tutto, l'immagine gioca con la suspense di un istante immobile, mentre accenna visivamente a un evento, imminente. Nonostante la sua apparente immobilità, si possono percepire tensioni e sussurri. Le due Erica non sono semplici duplicati: sono proiezioni diverse della stessa essenza, due modi distinti di muoversi verso un evento che si svolge, due entità parallele in azione, che si sforzano per lo stesso scopo. L'osservatore non è più un semplice spettatore: diventa parte del gioco, chiamato a continuare la narrazione, a immaginare cosa accadrà dopo, a dare voce a ciò che rimane silenzioso.
Uno chignon alto, una cipolla, due cipolline, e occhiali di dimensioni e colori differenti, per mosaici con sfumature espressive variegate e un’immancabile inclinazione verso il gioco. L’alternanza tra i miei scatti crea identità visive distinte. Infine, un’estetica poco editata, che, pur assumendo toni alternativi in alcuni scatti, mira a trasmettere la massima autenticità.
INTROSPEZIONE DELL'ULTIMA MIA CREAZIONE
Due oggetti rappresentano un messaggio ben preciso: due specchi, uno quadrato e uno rotondo, con all'interno tre colori: nero, bianco e fucsia. Il richiamo è molto forte. Il mio riflesso mi pone una domanda: cosa percepisci nel vedere riflessi nello specchio questi tre colori? Rispondo che il nero parla del mio passato buio e doloroso. Il bianco indica la rinascita e il ritorno alla mia libertà di espressione. E infine il fucsia, che è la mia ritrovata femminilità; il mio sentirmi più viva che mai.