Le mie performance artistiche nascono da progetti pensati per giorni o settimane e vengono realizzate tramite selfie e video casalinghi, offrendo un punto di vista su come una personale creatività possa fiorire in un ambiente domestico e con look e oggetti valutati giorno per giorno. Trasformo ogni angolo della mia abitazione in un piccolo palcoscenico, un microcosmo ludico avvolto da una identità scenografica composta prevalentemente dalla mia follia. La mia modalità performativa mi dà l'opportunità di esprimermi al meglio, in autonomia e libertà, in quanto non avvertendo la pressione immediata di uno show dal vivo, posso dare il meglio nel dialogo silenzioso tra me e me. Non rincorro la sofisticazione visiva, anche se a volte arriva quasi lo facesse di sua consapevole iniziativa. Inseguo invece, ogni volta che me la sento, ciò che di complesso ho lasciato custodito fino a oggi nel mio passato.
Le parrucche che seleziono, spesso non convenzionali e di colori insoliti o vivaci, fanno parte del mio repertorio artistico, trasformando ogni performance in un'opportunità per reinventarmi anche nell'aspetto e in alternative personalità temporanee. Non sono solo accessori, ma efficaci strumenti di metamorfosi e con la loro forma e consistenza, diventano un linguaggio, una grammatica visiva, che rivela differenti me. Davanti all'obiettivo sono sia fotografa che soggetto e con ogni scatto catturo un frammento di sincerità mascherato da artificio. Ogni giorno, posso scegliere chi essere, come vedermi e come presentarmi al mondo e ogni performance è una storia che cambia con ogni parrucca, espressione e interpretazione. Questo processo non solo amplia la mia comprensione di me stessa, ma diventa anche una celebrazione della fluidità e delle infinite possibilità dell'identità personale, consegnata alla fantasia.
La mia immaginazione si addentra nelle profondità dei miei mondi interiori, dove ogni confine tra realtà e fantasia si dissolve, come se le due dimensioni si fondessero in un'unica esperienza sensoriale. È in questi spazi che amo reinventarmi, attingendo sia agli elementi concreti e ordinari della vita quotidiana, sia alle mie visioni più surreali. Le mie trasformazioni non nascono da una ricerca puramente estetica, ma sono l'espressione di una spinta alla metamorfosi che mi consente di svelare le molteplici sfaccettature della mia identità. Parrucche dai colori inattesi, trucco audace e accessori eccentrici, sono alleati essenziali nell'espressione performativa che intraprendo ogni volta, come se fossero chiavi per sbloccare nuove versioni di me stessa. Da queste esperienze nascono le immagini fisse che pubblico sul mio sito web: attimi fugaci, fotografie che cristallizzano l'istante, fissando la fluidità di ogni trasformazione in un'icona visiva. È qui che il privato diventa pubblico, attraverso queste mostre personali, in una danza costante tra il domestico e il virtuale.
Un palloncino sfuggito improvvisamente al mio controllo durante l'infanzia e volato chissà dove, nonostante il passare degli anni, è ancora visibile in un frammento nostalgico del mio passato. In me il suo ricordo vive silenzioso, per poi richiamare la mia attenzione di tanto in tanto. Da bambina, il mio piacere nel giocare risiedeva nel semplice atto di fare, a volte senza alcuna necessità di risultati definitivi o di uno scopo prestabilito. I palloncini, dietro la loro apparente semplicità, trascinano i miei pensieri in quella incantevole leggerezza con cui sembrano sfidare le leggi della gravità, lasciandosi invidiare. Possono poi farmi sorridere, quando scoppiano improvvisamente, quasi volessero fare un dispetto o spaventarmi.
Mi sono calata nei panni di un distinto e misterioso gentiluomo, con cappello, baffi e bastone. Il mio processo non è semplice imitazione; piuttosto un’interpretazione personale di un ruolo che incarno volentieri. Ho provato a catturare angolazioni precise per esaltare i tratti distintivi del personaggio maschile e ho giocato mixando le convenzioni stilistiche. A baffi, cappello e bastone ho lasciato il compito di assecondarmi; non sono accessori, ma protagonisti assoluti della coreografia visiva, ottima per sfidare l’immobilità di un fotogramma. Nelle viscere dell'intelligenza creativa, il genere ideale è uno solo, quello percepito.